Classe 1919.
Un giorno qualcuno disse che se arrivi nel punto più alto non potrai fare altro che cadere.
La velocità e la durata della caduta dipenderanno solo da quanto si è bravi a trovare un appiglio per la salvezza, aggiungo io. Di lui si è detto di tutto ed a lui sono stati attribuiti tutti i fatti su cui cadeva pesantemente un mistero che li rendeva irrisolti ed irrisolvibili.
Ma sarà davvero così?
Guardando il film "Il divo" di Sorrentino qualche dubbio nasce perché dietro la scorza del politico millenario, onnipresente spunta un piccolo omino un pò ingobbito, privo di amici sinceri, diffidente, un pò sottomesso alla moglie, freddamente affezionato alla segretaria e molto spesso sopravvalutato.
I momenti di confessione di Andreotti, nel film, ovviamente non sono frutto delle sue affermazioni ma creazione cinematografica eppure da essi nasce una versione comprensibile degli eventi del nostro ultimo mezzo secolo, coerente con i fatti che conosciamo, lineare e quasi condivisibile ma, creando un parallelismo con altre affermazioni sulla vita privata del senatore a vita, ne sembrano tanto grandi le proporzioni da non poter essere ritenute aderenti ad un singolo, piccolo, umano personaggio.
La sensazione che si prova dinanzi ad alcune scene è che Andreotti si sia trovato nel posto giusto al momento giusto o, al contrario, nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Quello che ogni tanto capita anche a noi quando ci troviamo coinvolti nostro malgrado in situazioni "anomale" che non rientrano propriamente nel nostro stile di vita ma che in quel preciso momento ci portano ad essere al centro dell'attenzione di quel caso.
Andreotti non crede nel "caso" ma solo nella volontà divina
Sicuramente ha conosciuto molte persone e si è circondato delle persone sbagliate, cosa che ha portato a discutere molto della "corrente andreottiana" all'interno della Democrazia Cristiana.
Lui stesso, Sorrentino o Andreotti, chissà, afferma che la guerra si fa con i soldati che si hanno a disposizione e che per far crescere gli alberi serve il concime.
Vuole fare intendere che l'amicizia con alcune persone a lui vicine, spicca tra tutti Paolo Cirino Pomicino,
non sono altro che ciò che la politica gli ha messo a disposizione.
Emblematica l'affermazione all'inizio del film, anticamera di quello che sarà la storia del senatore: "mi pronosticavano la fine, io sopravvivevo, sono morti loro". E' accaduto veramente, ad oggi sopravvive a qualsiasi evento naturale o socio-politico.
Unica crepa nella scorza indistruttibile è il caso Moro. Andreotti rimugina con razionalità, tristezza e affetto, talvolta insieme all'amico Cossiga, su quanto accaduto negli anni 70 e su quanto potesse essere fatto che non si fece. La definisce "una seconda emicrania" e dato che il suo malore perenne è proprio l'emicrania, non deve essere stato un dolore tanto indifferente per intensità e perseveranza.
C'è una scena di sorprendente attualità: in un palazzo non meglio precisato, invitato Andreotti che rimane sempre comodamente seduto su un piccolo divano, Pomicino ha organizzato una festa con tanto di ragazze immagine e gruppo musicale simil Stomp.
Strano che non abbia un ricordo legato a quel periodo di titoloni su Repubblica in merito alla vita privata dei politici. Tempi che cambiano, politici e giornalisti che restano unitamente alla presa in giro nei nostri confronti.
Andreotti e Licio Gelli, fondatore della Loggia P2.
Storicamente ad Andreotti viene attribuita la reggenza della Loggia Massonica Propaganda 2 (P2), ponendo su Gelli il dubbio di essere solo una marionetta.
Tutto è possibile ma credo che dietro la loggia P2 non ci fosse una sola persona e, come capita nelle aziende, quando il business è piccolo riesce a comandare una persona sola ma quando il business diventa grande, sempre, subentra un management composto da diverse persone a controllarlo. Inevitabile ed indispensabile.
Certe cose nascono in un modo, forse come le vogliamo noi, ma col tempo crescono ed a volte ne perdiamo il controllo totale o parziale pur mantenendone la paternità.
Sorprende la moglie, dice di lui che tutti lo ritengono intelligente e furbo ma che lei sa che lui è solo abile nel rispondere con battute.
Sette volte Presidente del Consiglio, otto volte Ministro della Difesa, cinque volte Ministro degli Esteri, tre volte Ministro delle Partecipazioni Statali, due volte al Ministero delle Finanze, del Bilancio e dell'Industria, una volta al Ministero del Tesoro, dell'Interno, dei Beni Culturali e Ministro delle Politiche Comunitarie.
Seduto sulle poltrone del nostro Parlamento dal 1948, dal 1991 è Senatore a Vita.
Tanti successi nazionali ed internazionali a fronte di una sola grande sconfitta: l'ascesa mai avvenuta al Quirinale.
Andreotti e Alcide De Gasperi, fondatore della Democrazia Cristiana.
Nato a Roma, intraprese la carriera politica già durante gli studi universitari vivendo la svolta decisiva per il suo futuro assumendo la segreteria di De Gasperi, di cui era sinceramente affezionato.
Del rapporto con De Gasperi, intenso e stretto nonostante le profonde differenze caratteriali e metodologiche, Indro Montanelli disse che "quando andavano in chiesa insieme, De Gasperi parlava con Dio, Andreotti col prete".
Dopo aver ricoperto diversi incarichi di governo, nel 1972 diventa per la prima volta Presidente del Consiglio, conquistando Palazzo Chigi.
Abile mediatore non solo delle diverse correnti presenti all'interno della Democrazia Cristiana, fu attore protagonista della nascita del filoarabismo, della democratizzazione dei paesi dell'est Europa e della nascita dei primi rapporti commerciali con l'Unione Sovietica oltre che nel mantenimento di stretti rapporti con gli Stati Uniti.
L'ombra dei rapporti presunti con la mafia, con la P2 con il Vaticano, non hanno minimamente scalfito il suo potere fino ad oggi, potere che a detta di una frase erroneamente attribuitagli da diversi "logora chi non ce l'ha".
Scalfari durante un'intervista cercò, attraverso un'articolata aggressione verbale, di scalfire la sua resistenza agli eventi storici cercando di attribuirgli diversi fatti politici e rapporti con persone discusse, nel tentativo di stappare una difficile confessione.
Andreotti, nel film, reagisce affermando che il quotidiano Repubblica fu salvato da lui, in qualità di Presidente del Consiglio, dall'assalto per la conquista da parte di Silvio Berlusconi, datore di lavoro poco gradito per lo stesso Scalfari, grazie alla mediazione con il discusso Ciarrapico.
L'autonomia e la libertà riacquistata dal quotidiano ha permesso al suo direttore e fondatore di porre domande sfrontate, capziose e di porsi con fare arrogante, presuntuoso e diffidente dinanzi ad Andreotti.
Scalfari ribatte dicendo che la situazione era molto complessa permettendo ad Andreotti di replicare: "ecco, la situazione era un pò più comlessa ma questo non vale solo per la sua storia, vale anche per la mia".
Realtà storica o ancora finzione cinematografica?
In un lungo monologo, nella parte centrale del film, Andreotti dice:
"Non hanno idea delle malefatte che il potere deve commettere per assicurare il benessere e lo sviluppo del paese, per troppi anni il potere sono stato io, la mostruosa e inconfessabile contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene".
Il film prosegue fino alla fine con le vicende processuali del senatore, le accuse dei pentiti, le assoluzioni, per prescrizione, perché il fatto non sussiste o piene.
Amato e criticato, frequentato e discusso, colpevole e innocente, deviato e devoto, onesto e corrotto.
Andreotti ha fatto più di cinquant'anni della nostra storia ed è tutto ed il contrario di tutto.
Di lui si dice che conosca tutti i misteri d'Italia, che abbia un archivio segreto, potente arma contro chi lo voglia attaccare, di lui si dice che controlli o abbia controllato le leve del potere del nostro Stato.
Di lui rimane il mistero e la longevità.
Piccola curiosità sul film: tutte le ambientazioni sono sfumate in diverse tonalità di colori grigi o molto scuri tranne le scritte in sovraimpressione nello schermo e lo sfondo sulle didascalie finali dove domina il rosso, quasi fosse un messaggio subliminare a dire che oggi il rosso non si combatte più.
Anche questo è un piccolo segreto andreottiano.